Riconoscere ed ammettere di aver bisogno di una figura professionale che ci aiuti ad affrontare il problema
Il momento più difficile in un percorso di sostegno psicologico è l'inizio: fare il primo passo verso una scelta così importante, riconoscere ed ammettere di aver bisogno di una figura professionale che ci aiuti ad affrontare il problema.
Ma se una persona sta male, dovrebbe essere naturale chiedere aiuto, no?
In fondo se si ha un dente cariato che fa male, non si aspetta di arrivare all' ascesso ( almeno nella gran parte dei casi) prima di prendere appuntamento dal dentista, o se si comincia a vedere sfocato e ad avere problemi con la vista, non si aspetta che ci ritirino la patente prima di andare dal nostro oculista di fiducia, e cosi via, per ogni tipologia medica che vi venga in mente.
In secondo luogo, la differenza sostanziale nell' intraprendere questo percorso è l' emozione iniziale che lo accompagna: la paura.
La reazione al cambiamento che il percorso terapeutico comporta, è quasi sempre la paura: paura di raccontarsi, paura di sconvolgere la propria esistenza, paura di essere etichettati come persone che hanno bisogno dello psicologo ( leggi anche "Perchè lo psicologo?" )
Immaginiamo di mettere tutto sul piatto di una bilancia.
Da una parte, il malessere che si vive, le cose a cui si rinuncia, le situazioni che si rimpiangono, le ore di sonno e di serenità perse a pensare ripensare a quegli eventi che ci destabilizzano e ci rendono più fragili, dall' altra le paure descritte sopra.
Non vi stupirà sapere, che, paradossalmente, il piatto che peserà di più sarà sempre quello della paura.
Ma fino a quando? Fino a quando tutto il resto non diventerà davvero troppo da sostenere, fino a quando non ci sarà un sintomo fisico evidente di uno stato di malessere che ci metterà persino in pericolo.
Nel frattempo però potrebbero essere passati anni e con il trascorrere del tempo, le situazioni diventano croniche, le relazioni si sfaldano, le persone si "consumano".
Senza volere parafrasare alcuno slogan pubblicitario, il momento per chiedere aiuto è adesso: quando una persona capisce di vivere una situazione che non riesce a tollerare, di avere dei sintomi, più o meno riconosciuti ed importanti, quello è il momento.
E' comprensibilie che non sia facile, che ci si senta bloccati, perchè quel timore che ci impedisce di chiedere aiuto è lo stesso che ci portiamo dietro da anni e ci impedisce di affrontare le cose con la giusta dose di autostima, ed è sempre quel timore che ci porta a fare le scelte sbagliate (tra le quali quella di non farsi aiutare) e a stare male.
Quando il piatto della bilancia del malessere comincia a spostarsi e a pesare il dovuto si dovrebbe poter pensare che mentre aspettiamo, stiamo perdendo l' occasione di vivere la nostra vita nel modo migliore.
Ma se una persona sta male, dovrebbe essere naturale chiedere aiuto, no?
In fondo se si ha un dente cariato che fa male, non si aspetta di arrivare all' ascesso ( almeno nella gran parte dei casi) prima di prendere appuntamento dal dentista, o se si comincia a vedere sfocato e ad avere problemi con la vista, non si aspetta che ci ritirino la patente prima di andare dal nostro oculista di fiducia, e cosi via, per ogni tipologia medica che vi venga in mente.
Ma dallo psicologo no, perche'?
Innanzitutto, c'è da sottolineare una tendenza a rimandare tutto quello che riguarda una pò il concetto di prendersi cura di se stessi, ( ed anche questo è un sintomo di qualcosa ),pensando che passerà, che magari è solo un momento, magari è colpa dello stress ( leggi anche "Lo Stress non esiste" ,questo ovviamente non aiuta, poichè aggiunge anni di attesa e di ulteriori sintomi e sofferenze.In secondo luogo, la differenza sostanziale nell' intraprendere questo percorso è l' emozione iniziale che lo accompagna: la paura.
La reazione al cambiamento che il percorso terapeutico comporta, è quasi sempre la paura: paura di raccontarsi, paura di sconvolgere la propria esistenza, paura di essere etichettati come persone che hanno bisogno dello psicologo ( leggi anche "Perchè lo psicologo?" )
Immaginiamo di mettere tutto sul piatto di una bilancia.
Da una parte, il malessere che si vive, le cose a cui si rinuncia, le situazioni che si rimpiangono, le ore di sonno e di serenità perse a pensare ripensare a quegli eventi che ci destabilizzano e ci rendono più fragili, dall' altra le paure descritte sopra.
Non vi stupirà sapere, che, paradossalmente, il piatto che peserà di più sarà sempre quello della paura.
Perche'?
Perchè la paura è un emozione che blocca, la paura non ti consente di affrontare ciò che ti spaventa, piuttosto, scappi.Ma fino a quando? Fino a quando tutto il resto non diventerà davvero troppo da sostenere, fino a quando non ci sarà un sintomo fisico evidente di uno stato di malessere che ci metterà persino in pericolo.
Nel frattempo però potrebbero essere passati anni e con il trascorrere del tempo, le situazioni diventano croniche, le relazioni si sfaldano, le persone si "consumano".
Senza volere parafrasare alcuno slogan pubblicitario, il momento per chiedere aiuto è adesso: quando una persona capisce di vivere una situazione che non riesce a tollerare, di avere dei sintomi, più o meno riconosciuti ed importanti, quello è il momento.
E' comprensibilie che non sia facile, che ci si senta bloccati, perchè quel timore che ci impedisce di chiedere aiuto è lo stesso che ci portiamo dietro da anni e ci impedisce di affrontare le cose con la giusta dose di autostima, ed è sempre quel timore che ci porta a fare le scelte sbagliate (tra le quali quella di non farsi aiutare) e a stare male.
Quando il piatto della bilancia del malessere comincia a spostarsi e a pesare il dovuto si dovrebbe poter pensare che mentre aspettiamo, stiamo perdendo l' occasione di vivere la nostra vita nel modo migliore.
Affrontare la paura significa stare un passo avanti significa avere il coraggio di "affrontare il drago" ed è il miglior modo d'iniziare una nuova vita.
Riproduzione riservata - settembre 2024